Controllo delle bioattività
Test di bioattività in vitro
I materiali bioattivi si legano ai tessuti attraverso la formazione di uno strato di apatite sulla loro
superficie. Quando vengono impiantati nell’osso, l’apatite nuclea e cresce in-vivo sulla superficie del materiale e l’osso neoformato si lega costituendo un legame stabile ed efficace osso-impianto. Questo indica che un requisito importante perché un materiale artificiale si leghi al tessuto osseo è la capacità di formare sulla sua superficie uno strato di idrossiapatite ([Ca10(PO4)6](OH)2). Partendo da queste considerazioni, la bioattività dei materiali può essere valutata in vitro con una procedura, proposta da Kokubo e altri [1], che consiste nell’immersione dei campioni da verificare in soluzione fisiologica simulata (SBF), soluzione priva di cellule e do sostanze organiche, ma con concentrazione ionica analoga a quella del plasma umano, e nell’osservazione della formazione di uno strato di idrossiapatite.
In figura 1 è riportato il confronto tra la concentrazione ionica del plasma umano e della soluzione fisiologica simulata (tratta dal riferimento bibliografico [1]).
È stata osservata, mediante prove in vivo su conigli, una correlazione diretta tra la capacità di una superficie di promuovere la precipitazione di idrossiapatite in soluzione fisiologica simulata (SBF) e la capacità della stessa superficie di legarsi all’osso in vivo [1, 2].
Per valutare la bioattività delle viti modificate superficialmente ciascun campione è stato immerso
in 25 ml di soluzione fisiologica simulata (SBF) e mantenuti a 37°C per 15 giorni. Ogni 2 giorni è stato effettuato un refresh della soluzione, per simulare il naturale turnover dei fluidi fisiologici, ed
è stato misurato il pH della soluzione.
Al termine del periodo di immersione in SBF le viti sono state sciacquate in acqua bidistillata, per rimuovere eventuali sali residui non legati alla superficie, lasciate asciugare all’aria e quindi incollate su opportuni supporti per la successiva osservazione al SEM.
Di seguito si riportano le analisi SEM ed EDS di tre viti a seguito di immersione in SBF. Le viti sono state scelte in modo da avere caratteristiche superficiali differenti.
Osservazione al SEM delle viti a seguito del test di bioattività in vitro
VITE A – sabbiata
La vite non presentava evidenza di gruppi ossidrili esposti in superficie. La superficie era caratterizzata dalla tipica morfologia della sabbiatura. L’EDS ha evidenziato significativi segnali relativi all’alluminio e al silicio, derivanti probabilmente dalla sabbiatura.
VITE B
La vite presentava uno strato superficiale modificato evidente, la morfologia di base è assimilabile a quella di una superficie sabbiata con le asperità attenuate, si osservano significativi segnali dell’alluminio e del silicio, si osserva un significativo segnale relativo alla presenza di gruppi ossidrili esposti in superficie.
Osservazioni
Sono state scelte, per l’analisi di bioattività, 2 viti con caratteristiche superficiali diverse, una sabbiata e una iperossidata, allo scopo di valutare quali trattamenti e quali caratteristiche superficiali potessero indurre un comportamento bioattivo.
Per tutte le viti si osserva la precipitazione di particelle ricche in calcio, in misura maggiore nel campione iperossidato, il fosforo è praticamente trascurabile.
La morfologia delle particelle è poligonale ed a spigoli vivi, piuttosto che tondeggiante
e “cauliflower-shaped”. Non è dunque possibile identificarle come idrossiapatite, ma più probabilmente come sali di calcio.
CONCLUSIONI
In conclusione si può affermare che le viti iperossidate esaminate mostrano un deposito superficiale che si presenta come compatto (ossia non spugnoso) e di spessore più rilevante nel caso A. Il campione è stato sottoposto al trattamento ottimale di esposizione.
Su tutte le viti esaminate si è osservato che esso è ben aderente al substrato metallico. Tale deposito si presenta come non conduttivo elettricamente. Dal punto di vista chimico esso è composto da una parte inorganica contenente ossido di Titanio, fortemente idrossilata. Si ipotizza, inoltre la presenza sulla superficie di allumina, derivante forse dal trattamento di sabbiatura, e silice. Data la presenza di tali elementi i risultati sono stati controllati successivamente con campioni preventivamente analizzati e decontaminati.