La discretizzazione di un volume in elementi viene chiamata mesh; le maglie della mesh non sono regolari e vanno dimensionate in relazione alla complessità della distribuzione dei carichi: solo l’esperienza può portare ad acquisire la sensibilità necessaria per eseguire una scelta ottimale. Esistono routines che permettono di eseguire questa operazione in modo automatico, tuttavia la qualità degli elementi utilizzati non è ottimale e l’intervento di un operatore esperto rimane necessario per eliminare elementi troppo distorti o per infittire la mesh laddove è verosimile che si verifichino concentrazioni di tensione.
La scelta del tipo di elementi deve essere fatta in funzione del tipo di sollecitazione che si ritiene essere preminente (flessione, taglio, comportamento nel piano o fuori piano); in particolare, nella simulazione di volumi pieni vengono solitamente utilizzati elementi solidi tetraedrici (a quattro nodi o, meglio, a dieci nodi) o esaedrici (a otto nodi); mentre quando il volume si sviluppa prevalentemente in due direzioni (per esempio un guscio di osso corticale) può essere consigliabile utilizzare elementi piani (a tre nodi o, meglio, con più di quattro nodi). Qualora vengano contemporaneamente utilizzati elementi di diverso tipo, occorre particolare cautela nel curare la transizione dagli uni agli altri.
Esistono poi svariate applicazioni che richiedono l’utilizzo di elementi dedicati: per esempio l’osso e l’impianto nell’immediato post-operatorio non sono perfettamente solidali ed è necessario simularne il contatto: in altre parole, occorre evitare compenetrazioni e consentire scivolamenti con o senza attrito. In tutti i casi in cui venga utilizzato tale tipo di elemento, l’analisi diviene forzatamente non lineare.