I grandi progressi della chirurgia sono caratterizzati in epoca moderna da tecniche raffinate con risultati inimmaginabili fino a qualche decennio fa.
La tendenza comune però, è quella di essere il meno invasiva possibile e rispettosa dell’anatomia basale del paziente.
Paradossalmente l’implantologia, forse a causa della storia più breve rispetto ad altre specialità invece è andata in questi ultimi anni, in senso opposto. Ciò ha generato il paradosso dato dalla necessità di adeguare il distretto anatomico al presidio medico-chirurgico.
È stato quindi necessario utilizzare tecniche di rigenerazione ed aumento della quantità ossea a disposizione. È ovviamente aumentata l’invasività con grave disagio per i pazienti sottoposti a trattamenti lunghi e dolorosi.
L’implantologia transmucosa monofasica, ha il grande vantaggio di ovviare a questi problemi e di proporre un trattamento miniinvasivo con solo un piccolo trauma, consente un recupero immediato e senza limitazione della funzione. Grazie alla solidarizzazione mediante sincristallizzazione si ottiene la stabilità primaria che è il requisito fondamentale affinché qualunque impianto si osteointegri.
È ovvio che il complesso implantare così ottenuto, si distacchi molto dal concetto di imitazione di forma del dente naturale. Questa evenienza però, è condivisa in tutte le soluzione ideate in bioingegneria per creare organi artificiali. Elemento comune non è infatti l’imitazione della forma, quanto l’imitazione o meglio l’obbiettivo di ricreare la funzione dell’organo.
Un cuore artificiale, un rene, una macchina cuore-polmone per la circolazione extra-corporea, infatti non sono per niente costruite con lo scopo di riprodurre la forma bensì la funzione degli organi che devono vicariare.
Tale funzione poi si esplica sotto molteplici forme, soprattutto in base alle prestazioni richieste.
Durante la deambulazione normale, un atleta disabile userà una protesi ben diversa da quella richiesta da prestazioni limite come la corsa.
Come vedremo in seguito, la funzione masticatoria provoca la più parte delle volte condizioni di carico che si possono definire al limite di sopportazione dell’apparato stomatognatico.
Come è possibile evidenziare nelle precedenti immagini, il carico eccessivo ha prodotto un grande riassorbimento peri-implantare di tipo crateriforme. Ciò dimostra chiaramente che vi è stata prevalenza di processo catabolico indotto dalla presenza dell’impianto. Tutto ciò è esattamente il contrario di quello che vogliamo ottenere, cioè equilibrio biologico. Tale evenienza è facilmente riscontrabile nella foto successiva.
La struttura, pur dopo un periodo di lavoro di circa 20 anni, non denuncia nessun segno di riassorbimento conoide. La perfetta chiusura a livello corticale sta ad indicare un equilibrio perfetto tra anabolismo e catabolismo.